Desiderio e Dono

Le due facce dell’«amore»: eros e agape

di Fabrizio Vignati

Nella vita di una persona le domande fondamentali sono davvero poche e, una di queste, sicuramente è: «Che cos’e l’amore?». È, però, capitato a tutti di assistere, di persona o in televisione, ad interminabili conversazioni sull’amore che – alla fine – non approdano a nulla. La ragione e semplice: il moderno termine «amore» ha troppi significati e, dunque, rischia di creare soltanto confusione. Diciamo che un figlio ama sua madre, che un giovane ama i suoi amici, che un fidanzato ama la sua ragazza, che una donna ama suo marito, che un padre ama le sue figlie, ma avvertiamo che ciascuno di questi sentimenti è profondamente diverso dagli altri. Tuttavia, di fronte a questo «scacco linguistico» della modernità, chi conosce il greco antico sa, invece, che «amore» traduce sia la parola eros – il desiderio fisico e passionale – sia agape – il dono di se stessi agli altri.

L’eros è una relazione che vede il «sé» al primo posto – è egocentrico – ed è, quindi, un tirare l’«altro» verso se stessi: è desiderare, bramare, cercare incessantemente di possedere. L’agape, invece, mette l’«altro» al primo posto – è allocentrico – ed è un movimento che ci fa andare verso gli altri: è dare, donare, donarsi. Se, quindi, l’eros è una forza centripeta, che trascina il mondo circostante verso di sé, l’agape è, invece, una forza centrifuga, capace di andare verso ciò che la circonda: la prima è esemplificata da un abbraccio o dall’amplesso stesso, che cerca di racchiudere l’«altro» all’interno di sé; la seconda, invece, è raffigurata nel gesto di chi dona a mani aperte tutto ciò che possiede, spalancandosi agli altri senza trattenere nulla per sé.

Parlare di eros ci riporta immediatamente alla filosofia greca – e, in particolare, al Platone del Simposio – per cui l’«amore» era essenzialmente «desiderio»: non solo fisico, ma anche spirituale. Tuttavia, ancorché forse all’insaputa del grande pubblico, eros è una nozione fortemente presente anche nella Bibbia: una «riscoperta» che dobbiamo soprattutto a Giovanni Paolo II e alla sua «teologia del corpo». Papa Wojtyła, infatti, in una serie di ben 133 «udienze del mercoledì» tenute a Roma dal 1979 al 1984 – i cui testi sono oggi disponibili nel volume Uomo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano – ha promosso una profonda rivalutazione della corporeità e della sessualità, fondata proprio sulla contestualizzazione biblica dell’amore umano nel più ampio disegno creazionale di Dio, come è narrata soprattutto nei primi capitoli del libro della Genesi e celebrata poeticamente nel Cantico dei Cantici.

L’agape, invece, è la concezione dell’«amore» introdotta nella storia dal cristianesimo: un termine che, nel linguaggio quotidiano dell’epoca, indicava semplicemente la piacevolezza, la predilezione per qualche cosa – simile al significato odierno dell’inglese to like – e che, d’un tratto, è passato a designare, negli scritti dei primi cristiani, il dono di sé stessi agli altri, un «amore» spontaneo, smisurato ed eccessivo – anche verso chi ci odia – predicato da Gesù Cristo e, soprattutto, testimoniato con la sua morte in croce. Un «amore» che costituisce il volto stesso di Dio – «Dio è agape», afferma la Prima lettera di Giovanni – e da cui discende il «comandamento» dell’agape nei confronti di Dio stesso e degli altri esseri umani, sintesi dell’Antico e del Nuovo Testamento: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua energia. Amerai il tuo prossimo come te stesso».

Eros e agape, dunque, sono due facce di un’unica realtà – l’«amore» – e stanno tra di loro in rapporto dialettico. Se per circa tre quarti del Novecento, infatti, ha dominato la scena, anche in ambito cattolico, la teoria di matrice protestante dell’opposizione radicale – sulla scia del poderoso studio del teologo luterano svedese Anders Nygren, intitolato Eros e agape. La nozione cristiana dell’amore e le sue trasformazioni (uscito in due volumi nel 1930 e nel 1936) – nell’ultimo quarto di secolo e nei primi anni del terzo millennio Karol Wojtyła e Joseph Ratzinger – quest’ultimo con la celebre enciclica Deus caritas est del 2005 – hanno ribaltato questa posizione, riaffermando il rapporto dialettico tra eros e agape e riaprendo, cosi, il dibattito filosofico e teologico sul tema.

In questa linea di riflessione proponiamo, dunque, di esemplificare la relazione tra eros e agape attraverso il concetto filosofico di «LiebeRatione» (amore, ragione e liberazione insieme): il trascendimento reciproco del desiderio e del dono senza, tuttavia, smarrire la loro precipua identità. E proprio questo nesso dialettico tra eros e agape apre a tutti gli esseri umani la possibilità – o, forse, la necessità – di un duplice cammino: vivere l’eros nell’orizzonte dell’agape – una tendenza all’amore esclusivo e alla sua conseguente istituzionalizzazione in un legame duraturo – e l’agape nell’orizzonte dell’eros – la ragione per cui anche i grandi mistici hanno fatto esperienza di un’insopprimibile «traccia» di eros.

A dispetto di questo scenario ideale, tuttavia, nella storia – e il mondo contemporaneo non fa certo eccezione – ha spesso prevalso la tentazione di separare eros e agape. Anche oggi viviamo in un mondo sempre più «erotizzato» – complici anche i media (vecchi e nuovi), il marketing e la pubblicità –, impotenti bersagli di un pansessualismo diffuso, che pretende di strappare il desiderio dal dono, che invita a separare l’amore umano da Dio, che ci seduce mostrandoci in continuazione fascinosi modelli di eros senza agape. Come controcanto si alzano sempre più spesso – anche nel cristianesimo e nella Chiesa cattolica, che, sul tema della sessualità, è stata, a nostro giudizio, protagonista con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI di una «rivoluzione incompiuta», perché non e riuscita a comunicare questo messaggio innovatore a tutti i fedeli e, più in generale, all’opinione pubblica – voci inneggianti alla sessuofobia, che finiscono, però, per vivere la carità freddamente, senza slancio, che separano l’amore divino dall’uomo e dai suoi bisogni, profeti di sventura dell’agape senza eros.

Anche il senso comune, invece, ci insegna che non siamo animali – e, quindi, non possiamo trovare la nostra realizzazione ultima soltanto nel desiderio – e neppure angeli – per cui non siamo in grado di vivere una vita caratterizzata esclusivamente dal dono – ma siamo esseri umani: destinati ad attraversare il grande mare della vita incessantemente agitati tra i flutti di desiderio e dono.

 

L’articolo Le due facce dell’«amore»: eros e agape è stato pubblicato nel 2011 su Testata d’angolo, il magazine web fondato da Alessandro Meluzzi.